Non conoscete il pop dei Numero 6? Molto male. Ma potete rifarvi: ecco tutti gli album in streaming

numero6-2-5d715Non saprei dire quanto famosi siano i Numero 6. Nel mio di mondo lo sono. In quello di molti miei amici, poco pratichi di “roba” indie, probabilmente no e non sanno cosa si perdono. Presi dalla furia cieca del “vabbè ma li conosci solo tu” (cosa tra l’altro non vera, anzi) e da quella per cui sono belle solo tutte quelle schifezze di plastica pop che passano molte radio, non si rendono conto di quante cose si perdono per restare ancorati a un conservatorismo musicale che li porta a non ascoltare gruppi nuovi o con nomi secondo loro buffi (cosa che almeno non si può imputare a Bitossi & Co).

I Numero 6 sono pop e lo sono in uno dei modi più belli che ci sia. Lo sono nei testi che rifuggono la frase facile ad effetto, quella da Bacio Perugina, ma lo sono anche nel riuscire a volte a rendere non banale quella che rischiava di esserlo. E lo sono al punto da incuriosire un mostro come Bonnie “Prince” Billy che ha collaborato con loro, cantando, in italiano, la bellissima “Da piccolissimi pezzi” nell’ep “Quando arriva la gente si sente meglio“. Loro vanno avanti per la porpria strada e a volte s’incazzano, certo, e recriminano pure, ma senza mai perdere la leggerezza (vedi la bella “Storia precaria” ultimo singolo di “Storia Precaria”). Intanto però a differenza di altri gruppi hanno preso una decisione importante: da sempre, infatti, affiancano all’album fisico in vendita anche il download integrale dei loro album dal sito.

In un’intervista in cui gli chiedevo proprio di questa cosa, Michele “Mezzala” Bitossi, leader del gruppo, mi rispose:

Abbiamo optato per questa strada con una certa naturalezza, pienamente consci di come stanno andando le cose. Di fatto, per una questione meramente anagrafica, siamo tutti legati al disco come oggetto fisico, sia esso vinile che cd, per cui non può che dispiacerci che questi supporti stiano viaggiando velocemente verso un’inevitabile estinzione. Tuttavia questa è la realtà, che va affrontata con consapevolezza e propositività. Noi continueremo finchè sarà possibile uscire con dischi fisici, ma metteremo sempre una versione in download gratuito sul nostro sito, consci del fatto che la gente, di fronte a un lavoro che la soddisfa in pieno, probabilmente non si accontenterà di avere degli mp3 sull’hard disk ma vorrà avere qualcosa di più. In generale a noi va bene che la gente scarichi anche perché il “core business” di progetti come il nostro è e sarà sempre il live.

Insomma, tutta ‘sta manfrina per dirvi: ascoltate i Numero 6, soprattutto dal momento che potete ascoltarne l’intera discografia sul loro SoundCloud. Non avete scuse, insomma (ah e se vi piacciono, ovviamente, compratevelo l’album).

Non guardo più i Talk Show

porta a porta plasticoNon guardo più i talk show. Non li guardo più da qualche anno, da quando ho deciso di disintossicarmi (e oggi vivo meglio). Rileggo queste frasi, però, e mi prende subito un senso d’angoscia misto a pentimento. Dura poco, molto poco, sia chiaro, però mi prende. In fondo nella vita cerco di fare il giornalista e uno dei compiti – e delle aspettative di chi sa che mestiere fai – è quello di essere aggiornato sull’attualità (che sia politica, economica, sportiva etc etc); che fa un po’ l’effetto del classico “a comico facce ridere”. Ma d’altra parte questo motivo d’angoscia è anche la mia salvezza. Stare tutto il giorno con uno schermo davanti (che sia pc o mobile), tra giornali, agenzie, social etc ti permette, infatti, di avere gran parte delle cose calde sotto mano e quindi poterti risparmiare il tg delle 13 o, appunto, il talk delle 21.30.

Sì, perché il talk delle 21.30 è ormai un animale mitologico a più teste (politiche, ovviamente), col quale puoi decidere di lottare, sapendo, comunque, di perdere, o dal quale puoi fuggire, sentendoti un po’ più miserabile ma uscendone con le ossa intatte. Il talk show, infatti, è una bestia invincibile, che ti attrae per le sue tante teste, ma che t’allontana per il suo alito e così tendi di starne alla larga.

Eppure io c’ho provato nel tempo. Io guardavo tutto, da Santoro a Floris, da Socci (“Perché, perché, perché”) a Paragone passando per quelli di La7 e Mediaset, compreso il Matrix di Mentana e quello di Vinci, quelli “leggeri” del pomeriggio, del mattino, del martedì, del giovedì, della domenica, persino Porta a Porta certe volte. Erano tempi di battaglia, in cui mi sentivo un guerriero, di quelli a cui il giorno dopo mica potevi contestare mezza cosa, eh! Perché io rispondevo, puntuale, e dalla mia parte non mi bastava avere quello che sapevo ma c’erano anche tizio o caio che la sera prima da Vespa/Santoro/Floris/Socci avevano detto che… e poi potevo fare facili ironie, urlare davanti al televisore contro quel giornalista o quel politico (che spesso si impersonava in un’altra figura mitologica col volto della Santanchè) e sbracciarmi e spiegare che no, non era come dicevano loro e talvolta sorridere della loro ignoranza, della loro mancanza di precisione, delle loro palesi bugie. Poi il talk show finiva e rimanevo solo con la mia incazzatura. E il giorno dopo cominciavo a rendermi conto che non c’era più nessuno con cui far valere le mie argomentazioni da talk (“perché ti rendi conto quello che sempronio ha detto ieri? Eh, ti rendi conto? E caio manco c’è riuscito a rispondere”), anche perché spesso abbiamo questo brutto vizio di circondarci di gente che la pensa come noi e che su determinati argomenti ci asseconda. E noi, invece, volevamo il sangue, volevano quello a cui chiedere: “Dimmi 5 cose buone che ha fatto Berlusconi. E no, ora me le devi dire e non te ne uscire con la solita cosa della patente a punti”:

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Quella retorica spicciola dei manifesti anti-Saviano

savianorobertoDa un paio di giorni sono apparsi a Napoli dei manifesti anti Saviano, dopo lo striscione polemico, apparso a Scampia qualche giorno fa, che se la prendeva con lo scrittore di Gomorra. Quando si tratta di polemizzare con Saviano, reo di tutti i mali di Scampia per alcuni, sembra che non si badi a mezzi, spese e soprattutto retorica. La polemica nasce dalla richiesta fatta dalla produzione di una fiction tratta da Gomorra di utilizzare alcuni spazi per girare. Richiesta respinta dal Presidente della Municipalità Pisani stanco, a suo dire, di veder sfruttata l’immagine di Scampia in questo modo negativo:

“Come presidente della municipalità e per gli investimenti in cultura e legalità che noi stiamo facendo certo di interpretare anche i sentimenti di quanti vivono nelle zone a Nord di Napoli, per troppo tempo lasciate colpevolmente abbandonate, mi oppongo decisamente alle riprese della nuova ‘Gomorra’ versione Scampia”, ha spiegato Pisani.

“Non consentiremo di danneggiare presente e futuro di tanti giovani che devono essere orgogliosi di vivere in questa zona a Nord di Napoli e fieri di continuare a pretendere dallo Stato messaggi positivi nella lotta ai camorristi e alla necessità di estirparli da questo territorio per metterli in galera. Ma dopo la repressione -ha proseguito Pisani- servono risorse per il rilancio dell’economia e del lavoro”.

Da lì si è scatenato una lunga polemica che ha visto tra l’altro, ancora una volta, polemizzare lo scrittore e il sindaco De Magistris (polemiche che hanno portato la produzione a inserire tre nuovi personaggi “positivi”)

Ma dicevamo dei cartelloni e della loro retorica: “Chi specula su Napoli è il colpevole di tutto” si legge in grande. Una frase che in sé vuol dire molto poco. Bisognerebbe capire il significato che si dà al termine speculare, ad esempio. Veramente tutti quelli che in questi giorni hanno detto la propria sull’argomento hanno letto la sceneggiatura della fiction in modo da poter dire che è una vera e propria speculazione? Raccontare il degrado di un quartiere attraversato tuttora da una guerra di camorra vuol dire speculare? Cosa significa la frase “è colpevole di tutto”? Di tutto cosa, di grazia? È colpevole della guerra di camorra? È colpevole di anni di malagestione che attraversano trasversalmente politiche e politici?

Ma il capolavoro viene dopo: “Saviano. Scampia non ha bisogno di fiction. Ha bisogno di posti di lavoro”. Ecco, un capolavoro. Scopriamo quindi che Saviano è anche responsabile del problema lavoro. In effetti il legame tra il girare una fiction a Scampia e il problema lavoro non è lampante solo a chi è in malafede, ovviamente. Tutti sanno, invece, che il tasso di occupazione del quartiere era tra i più alti in Europa, ma il danno di immagine dovuto a Gomorra ha poi buttato il quartiere in un periodo di povertà estrema.

Ma battute a parte, è mai possibile ridurre i problemi atavici di un quartiere enorme e pieno di potenzialità (in idee e in essere come quel terzo settore che si fa il mazzo quotidianamente per migliorare anche solo un po’ la situazione del quartiere) come Scampia a Saviano? Qui sembra che Scampia sia da prima pagina solo quando scatta la polemica con lo scrittore o dopo una sparatoria. E la colpa è anche mia, sia chiaro. Mia come giornalista che non riesce a portare avanti un discorso lungo e serio sul quartiere (che, ammetto – e non ne faccio una giustificazione -, vivo da poco) e mia come cittadino che per anni ha vissuto le notizie su quel quartiere come qualcosa, sì, di grave, ma senza prendersi un vero e proprio impegno.

Poi, manifesti a parte, ognuno è libero di discutere su Gomorra 2 sì, Gomorra 2 no, di fare petizioni etc, ma sarebbe bene che si discutesse anche nel merito vero dei problemi del quartiere senza operazioni del genere, da cui non può che venire retorica spicciola da cavalcare sull’onda emotiva del momento.

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La musica che gira intorno (a me): io odio le classifiche

musica blogSono stati giorni di classifiche, quelle che servono per rendersi conto di quante cose non si sono riuscite ad ascoltare e cercare di rincorrerle con ascolti postumi. E soprattutto è tempo di scontrarsi col fatto che i gusti musicali cambiano anche a trenta (31) anni, quando pensi che ormai la strada sia tracciata e gli ascolti continueranno in quel solco, seguendo quel genere (macrogenere?) a te caro e i suoi sviluppi. Poi, appunto, a fine anno ti rendi conto e ti sorprendi a ricordare come negli ultimi mesi hai ascoltato molto rap (almeno rispetto a quello che si era soliti ascoltare), e a scoprire che uno degli album migliori dell’anno sia R&B. Insomma la musica che ha girato intorno a me in questi giorni è un riassunto dell’anno.

La colpa va a questo ragazzo, Kendrick Lamar, e al suo album good kid, m.A.A.d city che non riesco a non mettere su almeno una volta al giorno. Questa è Swimming Pools (drunk) e ve la metto col testo. Procuratevi l’album, ne vale assolutamente la pena:

Poi c’è Frank Ocean che ha un po’ sparigliato le carte quest’anno. E pensare che faceva il ghostwriter di Justin Bieber, giusto per capire quanto è dura la vita e quanto forse sono troppo duro nei confronti di Justin. L’album si chiama channel ORANGE e questa è Super Rich Kids:

Ascoltate Oblivion e provate a staccarla a metà se avete il coraggio. Già vi vedo a muovere testa e spalle appena partita. Grimes è un’altra sorpresa dell’anno, almeno per me che a rivedere questi tre primi video (rap, R&B e elettronica) mi chiedo che mi stia succedendo:


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